Annulla l’ingiunzione. Revoca il D.I.

Nel contenzioso instaurato a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, lo Studio Legale Mondello ha ottenuto il rigetto della pretesa creditoria avanzata da una società cessionaria, per accertata carenza di legittimazione attiva. La controversia traeva origine da un contratto di finanziamento sottoscritto dal debitore opponente con un istituto bancario nel 2008. Anni dopo, una società terza ha notificato un decreto ingiuntivo fondato su un’asserita cessione del credito intervenuta a valle di una catena di trasferimenti non adeguatamente documentati.

Nel giudizio di opposizione, lo Studio ha sollevato specifica eccezione in ordine alla mancanza di prova circa la titolarità del credito in capo alla società opposta. È stato dimostrato che, a fronte di una contestazione specifica, non può ritenersi sufficiente la mera pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione ex art. 58 T.U.B., né la produzione di comunicazioni unilaterali prive di riscontri documentali idonei.

Il Tribunale ha accolto tale eccezione, rilevando come la parte opposta non avesse fornito prova dell’inclusione del credito controverso nel perimetro dell’operazione di cessione. Né l’atto pubblico né l’avviso in Gazzetta consentivano, per contenuto e riferimenti cronologici, di collegare in modo univoco il rapporto obbligatorio in contestazione alla catena di cessioni allegata. La revoca del decreto ingiuntivo è conseguita alla ritenuta carenza di legittimazione attiva in capo all’opposta, con integrale accoglimento dell’opposizione e regolazione delle spese in favore dell’assistito.  

Il caso conferma che, nei procedimenti monitori promossi da soggetti cessionari, l’onere probatorio sulla titolarità del credito non può essere eluso. In assenza di prova rigorosa e documentalmente fondata, l’azione è destinata all’insuccesso. La legittimazione attiva non si presume: chi agisce in giudizio deve dimostrare il proprio titolo.

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